Avete presente l’estate? Quando fa molto caldo, sapete, quando si suda.
Bene.
Toglieteci il sudore, le zanzare, l’afa e l’ansia delle ferie limitate. Tenetevi il mare, le belle giornate, la piscina, le infradito e le altre cose belle.
Fatto? Bravi.
Ora vi chiedo, vi piacerebbe far durare l’Estate tutto l’anno?
Ma certo che vi piacerebbe! C'è solo un problema – direte voi: – è impossibile.
È impossibile! – ribadite.
Calma ragazzi, non è impossibile.
Vi assicuro che esistono posti al mondo dove l’estate è esattamente così e dura tutto l’anno.
Non ci credete?
Male, perché invece è vero. Ve lo dice una che, a novembre, scrive dall’ombra di una palma, nel giardino di casa sua, a Gran Canaria.
Diversi giorni fa, esattamente il 17 settembre 2016, mi trovavo a Milano.
E che c’entra Milano adesso? – direte voi.
C’entra eccome: il mio viaggio verso le Canarie inizia proprio da lì. Per l'esattezza, dall’Hotel Michelangelo.
Ora state buoni, sedetevi e leggete.
Quella giornata iniziò presto e con un ritmo subito sostenuto.
Siamo a Milano, pensai, ci sta.
Alle 8:05 ero già sul posto, ma i ragazzi dello staff mi avevano preceduto. Ne salutai alcuni, cercando di reprimere tenacemente uno sbadiglio improvviso. Mi accorsi – con gioia – che non badavano a me. A quell'ora, trottavano già come a mezzogiorno: festosi, ricambiarono il saluto; poi, mi diedero la maglietta del team, invitandomi a metterla subito e liquidandomi in fretta.
Chiusa in bagno, mentre mi cambiavo, mi sforzai di ricordare i nomi dei ragazzi, nonché quelli delle persone incontrate il giorno prima, che sicuramente avrei visto di nuovo.
Troppi -, pensai. Ci sta che me ne ricordi pochi.
Una discreta serie di gaffe mi si profilò davanti… Uscii dal bagno quasi di corsa, sfuggendo alla tentazione di chiudermici dentro, fare un pisolino e sparire.
Mi diressi spedita verso la sala conferenze, cercando quantomeno di sembrare sveglia. Rallentai incrociando lo sguardo di una delle ragazze dello staff. Mi fermò con un gesto della mano, io la raggiunsi e lei mi spiegò – in fretta, naturalmente – il da farsi: mi diede in mano un bustone pieno di cartellini, con una bella lista nomi piegata all'interno.
Ok – risposi intontita -, devo “cartellinare” le persone che entrano in sala. Non è difficile, si può fare.
Mi avvicinai tranquilla ai tavoli appositamente sistemati all'entrata della sala. L’evento sarebbe iniziato alle 9.30. Notai che alle 8.25 c’era già un po’ di ressa.
Persone che vengono da fuori, partiti presto per arrivare in anticipo – mi tranquillizzai.
Mi siedo e con calma comincio a chiamare: “cognomi che iniziano per L,M,N…avvicinatevi, prego!”.
Si avvicinano, comincio a distribuire cartellini.
Non sono in grado di dire quanto tempo fosse passato da allora ma, diciamo, una decina di cartellini dopo, alzai lo sguardo e mi resi conto che il gruppo che avevo davanti prima si era decisamente infoltito. Sentii i pori della fronte surriscaldarsi e traspirare copiosamente.
Meglio accelerare, pensai.
Andai avanti di gran lena, sudavo. Mi sforzai di concentrarmi, di non pensare che le persone davanti a me si stavano moltiplicando, come cellule impazzite. Strabuzzai gli occhi, inorridii quando, alle mie spalle, voci di persone ignote parlavano di una fila la cui coda finiva fuori la hall dell’albergo, pericolosamente vicina alla strada.
Minchia -, pensai.
Un’ora dopo, fui costretta a rifugiarmi nuovamente in bagno, a constatare che la maglietta Hekla, alle 10.30 del mattino, era già da buttare.
Più di 900 iscritti, tutti “cartellinati” e seduti in sala, molti dei quali passati da me.
È fatta! – esultai, ora posso rilassarmi un attimo.
Ripensai alle persone che avevo davanti, tutte in fila per il cartellino.
Gruppo spaventosamente numeroso, variegato, con tutti i “tipi umani”.
Dalla signora elegante al tipo dall’aria imprenditoriale. Dallo studente universitario al 21enne che fa il cameriere. Dalla casalinga al network marketer. Dal tipo dimesso e gentile a quello eccentrico e spigliato. Dal milanese al calabrese, passando per quel tale dal nome impronunciabile, sicuramente anglofono.
Cos’hanno in comune tutti questi? Non potevo fare a meno di chiedermelo.
Nelle ore seguenti, nei (pochi) momenti di calma piatta in corridoio, raccolsi tutte le forze che mi rimanevano e riuscii a farmi spazio tra i ragazzi dello staff, piazzandomi per qualche minuto a un lato dell’entrata, al centro della sala.
Avevo una bella visuale, sia sul palco che sul pubblico. Folla impressionante. Orecchie tese e sguardi letteralmente calamitati.
Quando l’evento finì, vidi sfilare via le persone che avevo fatto entrare: se al mattino trasudavano impazienza, scetticismo, curiosità, uscendo si portavano dietro un’espressione indefinibile, cioè impossibile da definire con una parola sola. Sorpresa, felicità, ancora scetticismo, ancora curiosità, meraviglia, sconcerto, stupore. Visto? Ce ne volevano almeno 7.
Negli occhi, avevano tutti qualcosa.
Ma cos’era che avevano visto?
Fatti loro! – pensai intorno alle 18:00 – Io vado a farmi una doccia.
Giorni dopo, all’ombra di una palma, circondata da terra vulcanica, mare e natura in buona parte incontaminata, provo a darmi una risposta. Cos’è che avevano negli occhi quegli imprenditori, quei ragazzi, quei marketer spigliati, quelle signore gentili, così attenti a sentire, a carpire informazioni?
Mi guardo intorno e capisco: quella gente aveva visto qualcosa di molto bello. Aveva visto questo.
Non il giardino di casa mia, non per forza le Canarie, intendiamoci.
Avevano visto l’Estate tutto l’anno, la Vita, con la maiuscola, così come dovrebbe essere sempre: radiosa e bella, lontana dallo stress di un lavoro faticoso (e magari assurdamente poco redditizio), che costringe a rinunciare ai momenti di svago e toglie tempo agli affetti.
Avevano negli occhi la possibilità di cambiare e gli strumenti giusti per farlo davvero.
Si erano convinti che un’Estate tutto l’anno è possibile.
Impossibile! – direte ancora.
Ok. Se non mi credete, chiedete a chi all’evento c’è stato.
O se preferite, prendete un aereo per Las Palmas.
Poi ne riparliamo.
di Annamaria Cardinali
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