Qualche anno fa lessi un libro meraviglioso.
L’autrice era una giornalista e scrittrice italiana, per molti, me compresa, la più grande: Oriana Fallaci.
Il libro si intitola Lettera a un bambino mai nato, uno dei bestseller più conosciuti e amati della Fallaci (oltre 5 milioni di copie vendute in Italia e all’estero dal 1975).
Nel suo libro, Oriana scrive una lunga e commovente lettera a suo figlio, un bambino che, come annuncia il titolo, non vedrà mai la luce, perché la gravidanza si interrompe per cause naturali.
Nel rivolgersi al bambino che ha in grembo, la donna si chiede se sia giusto metterlo al mondo, un mondo pieno di ingiustizie, soprusi, dove il più forte governa sul più debole e l’uguaglianza non esiste. Dice “nell’uovo e basta siamo tutti uguali”.
Bloccata a letto per volere del medico, scrive 3 fiabe, tutte verosimilmente corrispondenti a fatti accaduti alla Fallaci durante l’infanzia vissuta a Firenze, la sua città.
In una delle tre fiabe, la bambina protagonista si ritrova a vivere in un seminterrato buio e freddo, senza riscaldamenti, con la madre incinta e il padre malato. Per guadagnarsi da vivere, la madre faceva le pulizie a casa di una “zia ricca, che cambiava sempre vestito. […] La sua casa era sul fiume e dalle finestre vi entrava tutto il cielo della città”.
Quando usciva per lavorare, portava con sé la bambina, “sostenendo che prendere aria le faceva meglio che restare accanto a un uomo coi polmoni bucati”. La “posava su uno sgabello, quasi fosse un pacco” e andava a lavare i piatti della signora.
Nel frattempo, la zia ricca si annoiava, fumava e leggeva. Seduta sullo sgabello, la bimba scorge una “bomboniera di vetro colma di gianduiotti”. La madre si accorge del desiderio della figlia e la fulmina con lo sguardo: “se chiedi qualcosa, te ne pentirai!”. Oriana riprende a fissare il soffitto “con dignità”.
Sempre più annoiata, la zia va verso il balcone. Oriana si accorge che la donna sorride e, parlando in francese, saluta due bambini “ricchi” che Oriana conosceva, i quali vivevano sul balcone più in basso. La zia rientra, prende la bomboniera e inizia a gettare gianduiotti di sotto.
Prima di posarla, dalla bomboniera prende un gianduiotto. Lentamente, lo scarta e lo mangia, “mentre la bambina guardava”.
Nel commentare la vicenda, Oriana sosteneva che al mondo esistono due categorie: i potenti e i deboli e che sempre ci sarà qualcuno che spolvera il tappeto di qualcun altro. Criticando, probabilmente, i sostenitori dell'ideale comunista, scriveva: “Sfidali a dimostrarti che da loro non esistono cibi per ricchi e cibi pei poveri, case pei ricchi e case pei poveri, stagioni per ricchi e stagioni pei poveri.”
“L’inverno è una stagione da ricchi. Se sei ricco, il freddo diventa un gioco perché ti compri la pelliccia e vai a sciare. Se sei povero, invece, il freddo diventa una maledizione e impari a odiare perfino la bellezza di un paesaggio bianco sotto la neve”.
Stagione da ricchi o da poveri?
Pensando a ciò che sta accadendo in questi giorni (clochard che muoiono di freddo, persone in balia della neve, soccorritori sottopagati e privi di mezzi adeguati), è particolarmente vero quello che scrisse la Fallaci più di quarant'anni fa, raccontando una storia accaduta quasi ottant'anni fa, quando il padre partigiano scontava la ribellione ai fascisti vivendo in uno scantinato, povero e malato, con la moglie incinta e una figlia piccola a carico.
Il tempo passa ma la storia è la stessa: non siamo tutti uguali. Il più forte, che spesso corrisponde al più ricco, compra la pelliccia e va a sciare, senza preoccuparsi di come pagherà i riscaldamenti, né di quanto spenderà se terrà i termosifoni accesi qualche ora in più nei giorni più insopportabilmente freddi.
A cambiare, anzi, a peggiorare, sono le condizioni climatiche. Gli inverni sempre più freddi, le estati sempre più calde.
Stagione per ricchi, a pensarci bene, è anche l’estate, da un certo punto di vista: chi vive in città come Bologna, Firenze, Milano – che ad agosto sono come forni a cielo aperto – e non ha la possibilità di pagarsi le ferie e di fuggire al mare o in montagna, soffrirà vedendo la città svuotarsi a Ferragosto, coi negozi chiusi e le fontane prese d’assalto dai turisti.
Insomma, il tempo passa, le stagioni non sono più quelle di una volta, tante cose cambiano…ma alcune, purtroppo, restano sempre uguali.
Se è vero che i soldi non fanno la felicità, è altrettanto vero, soprattutto in certe situazioni, che fanno senza dubbio la differenza.
Nda: Un pensiero va agli abitanti dell’Abruzzo e delle Marche, che con forza invidiabile stanno fronteggiando una situazione insostenibile.
Anche in questo caso, i più forti decidono le sorti dei più deboli, lasciandoli al freddo e al buio, isolati, in case che crollano, collegate da strade impervie e trascurate, in balia della neve e del terremoto, inermi, con l’unica colpa di essersi fidati di chi promette ma poi non mantiene.
di Annamaria Cardinali
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