Altro giorno, altra storia. Triste, purtroppo.
Seduta ai tavolini di un bar qualunque, metto in borsa il telefono e prendo un paio di giornali abbandonati su un divanetto vuoto.
Ho sempre preferito la carta stampata al telefono: sfogliare un quotidiano richiede gesti semplici ma particolari, come quello di aprirlo, appoggiare i gomiti sui braccioli di una seduta e tenere le pagine ai lati, lasciando i lembi superiori appesi e coprendosi alla vista di chi sta davanti.
È il gesto che preferisco. Mi ha sempre affascinato l’immagine parziale di chi si nasconde dietro a un quotidiano aperto e si scopre solo per un attimo, mentre gira pagina.
Sembrerà assurdo ma esistono persone che non sono in grado di sfogliare un giornale, e per leggere un articolo stropicciano le pagine, le rompono, assumono posizioni innaturali e imbarazzanti. Di solito accade ai più giovani, poco avvezzi a leggere una notizia, a meno che non si trovi sullo schermo di un telefono.
Per fortuna, sin da piccola, sono stata abituata a trattare con cura le pagine dei quotidiani. Prendevo i giornali che nonna conservava per avvolgere le bottiglie di passata di pomodoro, li aprivo tutti e leggevo i titoli, guardavo le immagini, con le dita nere e l'odore d'inchiostro che mi riempiva il naso.
Perciò, ora sfoglio il giornale con disinvoltura, in cerca di qualche titolo accattivante.
Ed eccone uno: “Senza soldi per seppellire la madre. Un’altra storia di disperazione”.
L’immagine è straziante, mi fa venire subito un nodo alla gola.
Leggo l’articolo fino in fondo: racconta la storia di una donna siciliana, trasferitasi nella mia zona da tempo (siamo a Cassino, provincia di Frosinone) e da tempo in lotta con una povertà tale da impedirle addirittura di tornare Sicilia per assistere al funerale della madre.
Grazie a Dio, o meglio, grazie alla solidarietà di alcune persone, la donna è riuscita a raggiungere il paese di origine in tempo per il funerale, comprando un biglietto per lei e per suo figlio e pagandolo coi soldi di una colletta organizzata dalla parrocchia locale.
Le storie di miseria abbondano sulle cronache nazionali, ma saperle così vicine fa venire la pelle d’oca.
Quanto costa morire?
Esistono casi anche peggiori di questi: ci sono persone che non hanno la possibilità di affrontare le spese di un funerale. È successo a Messina, qualche anno fa. Il fatto mi è rimasto bene impresso, suscitava una tristezza profonda.
Agosto, qualche anno fa: una donna di 77 anni muore per un malore. Sia lei che i familiari vivevano in una situazione di prolungata indigenza. La morte improvvisa della donna getta la famiglia nell’angoscia, consapevole di non potersi permettere i costi delle pompe funebri.
Disperati, chiamano il 118, poi la guardia medica, senza sapere cosa fare. Intanto, il corpo della donna giace in casa per due giorni, immerso nell’afa, in un’aria nauseabonda. Alla fine, interviene il comune, che in casi come questo si occupa anche delle spese della sepoltura.
Insomma, anche morire costa e, purtroppo, non tutti possono permetterselo.
di Annamaria Cardinali
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