Eccomi qua: seduta sul ciglio di uno sgabello, curva sulle gambe piegate, sfrego furiosamente le mani gelide, sbattendo le dita sui palmi e chiudendole a pugno, nel tentativo di riattivare la circolazione.
Sono così vicina al fuoco acceso nel caminetto di casa che potrei caderci dentro da un momento all’altro, ma non m’importa. Ho le estremità talmente gelate che preferisco bruciarle piuttosto che lasciarle congelare, così fredde che sembrano sul punto si staccarsi e rotolare via.
“Meglio le ustioni ai geloni!”, mi sorprendo a pensare.
Maledico quell’attimo infausto in cui decisi incautamente di avventurarmi fuori casa con -7° al sole (quanti gradi all’ombra? Non voglio neanche pensarci), in uno slancio di infantilità che a 27 anni suonati avrei dovuto sopprimere, piuttosto che assecondare….
Ebbene, ripresa dal calore di un bel focolare deciso, raddrizzo la schiena, afferro un giornale e comincio a sfogliarlo.
Il destino ha il senso dell’umorismo…o forse non ce l’ha affatto: mi trovo di botto a dover scacciare una sensazione spiacevole, qualcosa che mi si è attaccato addosso come fanno quei “cosi” piccoli, rotondi e spinosi che si intrecciano alla stoffa dei cappotti o al pelo dei cani, di cui ignoro il nome…qualcosa che si avvicina molto al senso di colpa.
Rabbrividisco e rileggo il titolo in prima pagina da capo, come per scacciare ancora quella sensazione strana, pensando di essermi sbagliata. Ma no, non mi sbagliavo: l’altro giorno, a Roma, è stato ritrovato il corpo di un uomo, morto assiderato da più di un mese. “Il corpo giaceva sotto un viadotto, alla Magliana, a poca distanza da un’area verde, un giardino pubblico frequentato da diverse persone.” L’uomo aveva indosso alcune coperte ed è per questo che chi l’ha ritrovato (alcuni operatori ecologici che stavano bonificando l’area) ha pensato subito che si potesse trattare di un clochard.
Dalle condizioni del corpo, ridotto quasi a uno scheletro, si è potuto stabilire che l’uomo era morto da diverse settimane. Sul corpo hanno infierito animali e insetti e nelle tasche degli abiti non è stato trovato niente, ad eccezione di un piccolo ritaglio di giornale.
Leggo più volte l’articolo, ma non riesco a concentrarmi. Mi distrae quella leggerezza con cui, qualche attimo prima, mi lamentavo del freddo sofferto per aver trascorso poche ore fuori casa, dimenticando che ci sono persone, troppe, che una casa a cui tornare non ce l’hanno affatto.
Alcuni, addirittura, non hanno nemmeno un amico, un familiare, una persona su cui contare; qualcuno che vada a trovarli, che si preoccupi di loro quando stanno male. Qualcuno che, certamente, si sarebbe accorto della loro assenza.
L’uomo morto di freddo sotto a un viadotto di Roma un mese fa non poteva contare sull’aiuto di nessuno. Niente casa, niente soldi, niente amici. Solo qualche coperta, un pezzo di carta in tasca e un nome, che nessuno saprà mai.
Sul mio senso di colpa, prende il sopravvento la tristezza. Mi asciugo le lacrime, tormento nervosamente il fazzoletto umido e provo ad immaginare la vita di quell’uomo senza nome, morto nel peggiore dei modi, nella più fredda delle notti.
Ma niente, non ci riesco. Una vita così, una morte così, è impossibile anche solo da immaginare.
Eppure, in questo 2017 appena iniziato, cose del genere non dovrebbero accadere e questo dovrebbe essere scontato… Invece accadono, eccome! E allora, gridare allo scandalo, e in questo caso scriverlo, non sarà poi così superfluo.
Abbiamo tutti il diritto di tornare a casa dopo aver trascorso del tempo fuori, di scaldarci le mani infreddolite e di lamentarci del gelo invernale, lo stesso che poi ci manca tanto in estate.
Ma non tutti hanno la possibilità di prendere le stagioni così alla leggera: per alcuni, esse fanno solo da cornice alla quotidianità; per altri, le stagioni sono un problema serio. Così serio, talvolta, da essere fatale.
In teoria, siamo tutti uguali; in pratica, sono i soldi a renderci meno uguali tra noi.
Dovremmo avere tutti una disponibilità economica tale da permetterci quantomeno di vivere dignitosamente. E non mi si venga a dire che i clochard scelgono di vivere e morire assiderati sotto un viadotto. Perché, soprattutto di questi tempi, quasi mai si tratta di una scelta.
Saper gestire il proprio denaro, risparmiare, investire responsabilmente è estremamente importante. Può accadere a chiunque di sprofondare nella povertà. Talvolta è inevitabile; altre volte, no.
Forse non ho colpa per quello che è successo il mese scorso sotto un viadotto della Magliana, ma posso comunque fare qualcosa, affinché la morte di quell’uomo senza nome non passi ancora inosservata…
Questo articolo non è solo un atto d'accusa nei confronti di chi è indifferente alle disgrazie altrui.
Questo articolo è un monito, a chi spreca e si fa beffe della povertà. Leggi anche l'articolo l'inverno è ancora una stagione da ricchi.
di Annamaria Cardinali
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